In una realtà politico-parlamentare sempre più intersecata dalla metrica pulviscolare degli interessi privati e in cui le procedure rappresentative appaiono assai spesso scandite dalle “ragioni” della sola maggioranza governativa, appare indispensabile tornare a ragionare criticamente sui presupposti e sulle forme assunte dalla libertà del mandato parlamentare (art. 67 Cost.). Principio fondativo delle moderne democrazie parlamentari, che, ancora oggi, sembra costituire espressione di una super-norma costituzionale (l’art. 67 Cost., appunto), capace di ridurre tutte le altre disposizioni costituzionali in tema di rappresentanza politica (articoli 1, 48, 49, 72, 94 Cost.) a mera espressione di politicità, prive di qualsiasi rilievo giuridico-procedurale. Di qui le ragioni che hanno mosso il presente lavoro, radicate nella necessità di rimarcare la giuridica rilevanza del rapporto che lega i quattro soggetti della rappresentanza politica contemporanea (corpo elettorale, partiti politici, gruppi parlamentari, singoli eletti), così da restituire coerenza e responsabilità alle modalità di esercizio della funzione pubblico-rappresentativa. In questa prospettiva, il lavoro si propone, da ultimo, di ragionare intorno alla possibile configurabilità un mandato «trasparente», quale declinazione giuridico-sostanziale del mandato «libero» di derivazione proto-liberale (art. 67 Cost.).