Il d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (poi modificato dal d.lgs. 31 ottobre 2024, n. 164), in attuazione della l. delega 26 novembre 2021, n. 206, ha introdotto nell’ambito della giustizia una riforma – la c.d. riforma Cartabia – di ampio respiro, che ha toccato quasi tutti gli ambiti del processo civile ed ha apportato rilevanti novità, alcune delle quali erano auspicate e attese da lungo tempo. Tra queste ultime novità possono senz’altro annoverarsi quelle volte a dare un nuovo assetto alla giustizia in materia di famiglia e di minori, rispetto alle quali il legislatore si è mosso in una duplice direzione: da un lato ha previsto l’istituzione di un organo giurisdizionale ad hoc, denominato Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie e destinato a occuparsi delle materie riguardanti la famiglia in senso ampio e, dall’altro, ha varato un nuovo rito “unificato” a cognizione piena utilizzabile, in linea di principio, per la trattazione di tutte le anzidette materie. La particolare natura dei diritti (tendenzialmente indisponibili o semi-disponibili) che sono coinvolti nel processo familiare ha indotto il legislatore a operare un’attenuazione più o meno significativa del principio dispositivo a beneficio di un simmetrico aumento dei poteri che il giudice può esercitare di propria iniziativa, discrezionalmente e in totale autonomia, cioè indipendentemente da una preventiva iniziativa delle parti e del p.m. Si tratta, talvolta, di poteri officiosi particolarmente incisivi, atipici nel contenuto e astrattamente privi di limiti, che devono essere adeguatamente controbilanciati da corrispondenti poteri in capo alle parti, ai fini del rispetto del principio del contraddittorio e del diritto di difesa.